Alberto Garzón, baldo Ministro del Consumo del Regno di Spagna, è un eterno giovanotto, di sincero credo di sinistra e troppo mite e discreto per andare di moda di questi tempi in cui furoreggiano ministri-alfa con pugnale tra i denti e lingua biforcuta. Certo, gli è toccato l’ingrato compito di regolamentare “consumi, protezione dei consumatori e svolgimento di attività ludiche in ambito statale“, in sintesi, copre una posizione simile a quella dello scienziato Galvani nel momento in cui decide di punzecchiare la rana provocandone il movimento inconsulto. Andando a toccare i consumi, si ha infatti la matematica certezza che qualcuno si offenderà, vuoi perché è produttore, e dunque vede minacciata la pagnotta, vuoi perché è consumatore e in tal caso vede minacciato il proprio diritto a spendere e, se gli gira pure sperperare, senza limitazioni di sorta i denari guadagnati col sudore della fronte.
Un bel giorno del luglio 2021 il Ministro decide di pubblicare uno studio non eccessivamente originale visto che da almeno una decina d’anni è già stato ammesso a livello mondiale che per ragioni sanitarie e ambientali il consumo di carne va giocoforza ridotto. Apriti cielo! Si galvanizzò la destra, incredula e felice per l’opportunità offerta su piatto d’argento di vilipendio del ministro e dell’odiato governo socialista, senza neppure fare tanti sforzi visto che nella dieta spagnola la carne è un must, per cui i destroidi diedero libero sfogo al dispregio per i dettami vegani e alle comparazioni poco edificanti tra una virilità e l’altra. Si sollevarono come un sol uomo tutti gli allevatori di bestiame, convinti dell’esistenza di una congiura e soprattutto per non “essere stati convocati prima della pubblicazione di questo studio” e, infine, scoppiò la sommossa generale dei consumatori carnivori niente affatto disposti a rinunciare alle delizie suine e bovine, secondo una percezione che le identifica come cibo del cacciatore che torna trionfante dopo aver domato le fiere. Insomma, fin qui nulla di nuovo.
Nell’ombra si celava tuttavia la peggiore minaccia, l’insidioso e sempre originale fuoco amico, sì, quello che ti agguanta proprio quando credevi ti stessero tendendo una mano e che invece vanifica tutti i tuoi sforzi per restare a galla con un sonoro manrovescio sul capoccione. Stiamo parlando del bel tenebroso di Spagna, il Primo Ministro che tutti ci invidiano per avvenenza, aplomb, fighezza e un’ibericità come si era vista solo nei tempi in cui il Julio cantava “sono un pirata e sono un signore”, rime che solleticarono l’immaginario erotico di un’intera generazione. Pedro il Bello dunque, studiò con occhio fine l’accoglienza riservata allo studio presentato da un ministro appartenente al partito di coalizione e ordì la sua strategia.
In questione di ore, alla prima conferenza stampa utile, di fronte a una platea di giornalisti in orgasmo per la polemica della carne e quasi dimentichi del vero argomento dell’incontro, Pedro il Sornione, dopo aver sapientemente posticipato la risposta alla domanda del secolo della serie: “Che ne pensa della proposta di ridurre il consumo di carne?” sorrise e disse: “Beh, che volete che vi dica, a me quando mettono di fronte una bella fiorentina mi ci butto a capofitto” (la traduzione non è letterale). Fondamentalmente non rispose nulla, ma adottò, con preoccupante maestria, la tecnica Aznar. Cioè?
A suo tempo la proibizione del fumo nei locali pubblici e l’introduzione dell’alcolometro fecero la gioia dei tipici giornalisti delle non-notizie, cioè quelli che si sbracciano a intervistare gente per strada o all’uscita dei ristoranti per farla sfogare davanti al microfono e creare correnti d’opinione della durata di cinque minuti. In occasione del giro di vite che limitava ulteriormente il numero di calici di vino che i paesani potevano bere prima di mettersi alla guida, il filosofo e profeta del Partido Popular, José María Aznar, esordì con una frase che fece storia: “bevo quel che mi pare, ma chi sei tu per dire a me quanti bicchieri posso bere?”; siccome il concetto potrebbe risultare astruso ai profani, conviene tradurre: “Questo decreto mi sta sul cavolo principalmente perché è stato deciso dal governo di Zapatero, ma è anche l’occasione buona per strizzare l’occhio a te, buon cittadino conservatore che vuoi continuare a farti fuori i fiaschetti di Ribera del Duero mentre festeggi con abbondanti libagioni la buona riuscita del tuo pomeriggio alle corride, o di una giornata di caccia sui campi. Sicuramente mi voterai e così metterò fine a questo strazio”.
Ecco dunque perché l’“aznarata” di Sánchez in arte Pedro deve preoccuparci. Chiaramente, il buon Pedro può mangiarsi tutte le bistecche che vuole, ma quello che non gli dovremmo perdonare è quel vizietto tipico della sinistra di fiondarsi reciprocamente pietruzze in punti anatomici a dir poco delicati. Da almeno un decennio è stato stabilito che i gas intestinali delle vacche e tutta la filiera del settore sono micidiali per la biosfera, al punto che c’è gente che sta perfezionando simulacri di carne e, anzi, pare che arriveremo a mangiare hamburger partoriti da una stampante tridimensionale. Insomma il conto alla rovescia per la fuga della bistecca dalle nostre tavole è cominciato da un bel po’, ma nel mondo della politica i grandi capitomboli possono essere trasformati in splendide acrobazie, a seconda della convenienza. Per cui neppure tutte le vene intasate e le gotte, di fronte alle quali i medici ormai stancamente prescrivono una dieta blanda che vede come lusso, ogni tanto, pesce bollito e carni bianche sono bastate a far desistere il Bel Pedro dalla battuta facile, da “volemose bene alle urne“, oltretutto a spese di un ministro di belle speranze del suo stesso governo!
I Campionati Europei di calcio hanno sbattuto il Ministro Garzón tra i trafiletti e il suo studio ora giace, triste e solitario, in un cassetto del ministero. Son stati pochi quelli che hanno ascoltato fino in fondo il suo messaggio; già a metà dell’esposizione, frotte di opinion leader scoppiettanti e più eccitati della rana di Galvani hanno assolutizzato tout-court le parole di Garzón per propinare alla platea: “Adesso non si può neanche più mangiare carne, ma dove andremo a finire?”. Pare che a codesti professionisti della parola resti poco chiara la differenza tra “ridurre” e “proibire”. Dal canto suo Pedro il Piacione continua imperterrito. Rimpastato il governo, procede spedito, dimentico del rischio di gotta e purtroppo anche dimentico di appartenere a un partito che più che al bovino sul piatto dovrebbe inneggiare al progresso e alla scienza, o almeno questo era quello che noi baby-boomers intendevamo per sinistra. (n.z.b.)
Testi: Nadia Zamboni Battiston
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