Anche noi Podemos
La Storia ci racconta che i pusillanimi non son mai arrivati molto lontano nella vita. Il tipico eroe malandrino dei nostri tempi, quello che arraffa il bene comune e fa pure la figura del figo in tribunale, dove domina magistralmente la propria dialettica (frutto di vasta esperienza) esercita un enorme impatto sulla psiche auto-flagellante, con livelli di autostima sotto lo zero. L’evasore fiscale e lo stratega dell’appropriazione indebita di denaro pubblico son spesso menzionati con un mezzo sorriso che sottintende “beato lui, almeno se l’è goduta nella vita, mentre io stupidamente pago”. La rivendicazione che dovrebbe portare alla sommossa e al linciaggio del malandrino torce il capo e si trasforma in statua di sale, mentre ‘o malamente prosegue imperterrito, rientrando in scena dopo aver sparso dubbi sulla correttezza delle accuse, o scomparendo opportunamente in angoli remoti ed esclusivi del pianeta a godersi la pensione di platino. Il problema di fondo è che, sostanzialmente, il malandrino viene scambiato per l’anti-pusillanime per cui gli vengono inconsciamente attribuite doti assimilabili a un Napoleone; ciò innesca uno strano sentimento, probabilmente scaturito da un malinteso senso del perdono cattolico e dunque, come avvenne per il ladrone che condivise con Cristo il supplizio sulla croce, può esser soggetto a un’intima indulgenza, a premio della sua audacia in vita.
Questo Robin Hood al contrario spesso affianca, quale delfino della traballante nave, le alte sfere della società e, secondo le recenti testimonianze, si adopera in un do ut des che risulta soddisfacente per entrambe le parti. C’è chi, grazie a megalomani campagne pagate con fondi dirottati, ha governato per la buona pace di tantissimi cittadini comuni che si accontentavano di vedere la propria città sfoggiare sontuosi palazzi, yacht parcheggiati in porto e tante belle promesse (se poi ci si aggiunge una visita papale “ad ogni costo”, il quadretto è completo e benedetto).
Una frazione del popolo che tiene tantissimo alla buona pace è quella dei pensionati. Questo osso duro, adulabile e saggio, ama sentirsi rivolgere promesse di stabilità, adeguamento della pensione, assistenza sanitaria garantita. Può arrivare ad essere fedele contro ogni evidenza di delinquenza se crede veramente che un partito politico gli darà quanto gli spetta. Uno degli aspetti positivi della terza (e forse quarta) età è una libertà di espressione traboccante, della serie “non ho più nulla da perdere” e “poco me ne frega ormai di far bella figura”. Per questo andare a toccare un tasto sensibile (leggasi portafoglio) a questa categoria può far saltare in aria come stelle filanti anche le poltrone più consolidate.
La maggior parte dei pensionati odierni ha vissuto, per amore o per forza, un’esistenza ossequiante delle leggi, nel rispetto di un bene comune che sapevano di stare a pagare di tasca propria. Lo show di cadetti del potere sotto processo li affligge, ma ancor di più li affligge il dover allungare corpose mance ai figlioli disoccupati, prestare a fondo perduto la propria casa alla nuova generazione sfrattata, oppure chiedere la carità ai figli per poter fare la spesa. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata sotto forma di un adeguamento ridicolo della pensione e di voci altisonanti proferenti che “L’alta percentuale di pensionati proprietari di case è un vantaggio, in quanto pagare le spese di condominio è molto meno caro che pagare un affitto” (parole del governatore del Banco de España). Manca solo un filo all’esortazione a vendere la casa ai bravi speculatori gentrificatori, andarsene al ricovero e tacere una volta per tutte.
Il pensionato ha tanto tempo libero. Non ha più il padrone che lo rimprovera se partecipa a scioperi e manifestazioni. Abbiamo detto che è piuttosto sboccato e si incifruglia quando parla perché l’onesto passato non gli ha fatto maturare la dialettica del malandrino. Nelle interviste ai pensionati di Spagna, scesi in piazza a tempo indeterminato, si nota una delusione travolgente. Sballottati tra l’accusa di aver voluto esser proprietari a tutti i costi, la promessa pre-elettorale di scongelare le pensioni, una proposta di abbassamento dell’irpef che favorirebbe solo i redditi più alti, insomma stufi dell’accusa neanche troppo sottintesa di essere un peso per la società, riescono tuttavia a dimostrare una certa generosità. Alcuni in effetti si ritengono fortunati di percepire una pensione di 800 Euro, ma lottano pensando a chi deve sopravvivere con 400-600 Euro (spessissimo vedove con pensione decurtata dalla reversibilità). I sovversivi nonni menzionano in continuazione il futuro dei loro figli e nipoti, esortandoli a lottare con loro contro una mentalità della paura, minacciosa di assenza totale di pensione in futuro e che, come apertamente dichiarato dall’attuale capo del governo, “deve premurarsi sin d’ora di acquistare un piano di pensionamento in una gentile banca“.
Ovviamente c’è già chi spera di ricavare da questa diatriba il proprio bottino elettorale, e non dico altro. Per il momento, la sensazione è che questi baldi cittadini siano passati dalla mentalità del perdono del ladrone in croce, a quella del Cristo nel tempio adeguatamente munito di frusta. (n.z.b.)
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