Altra data “fatidica” in vista: domani 16 ottobre, quando Puigdemont finalmente chiarirà a Rajoy se veramente, anche fosse per 46 secondi, l’ambita Repubblica è stata dichiarata nello storico e confuso 10 ottobre. Da quella risposta dipenderà la caduta o meno dell’Anticristo, sotto forma di svuotamento di tutti i poteri dell’autonomia e pugno di ferro centralizzato. Se verrà confermato che effettivamente era stata dichiarata la Repubblica, vorrà dire che senza saperlo siamo vissuti sotto una “repubblica sospesa” per almeno 6 giorni circa e che avremo altre due settimane per poterci ripensare e dire che ci eravamo sbagliati (schivando così il pugno di ferro, ma pagando i cocci). Si, ma “noi” chi?
Da questo “noi” va esclusa immediatamente la popolazione straniera pagante tasse, non ammessa al voto nel referendum del 1º ottobre. Certamente vanno esclusi anche tutti coloro che mai sono stati indipendentisti. Restano dunque gli indipendentisti effettivi, quelli che hanno costituito una coalizione decisamente variopinta pur di raggiungere lo scopo e che, come ossessivamente sottolineano i media in questi giorni, attualmente è agitata da pugna interna, d’altro canto assolutamente prevedibile. In effetti, se dovessimo applicare una terminologia italiana magari poco politicamente corretta, potremmo dire che nella miscela esplosiva sono confluiti radical-chic, borghesi e giovani di belle speranze con lo spirto guerrier ch’entro gli rugge. La miscela di per sé è coerente con la trasversalità dell’ideale indipendentista catalano e poteva anche essere un’occasione per dimostrare al mondo che c’è ancora gente che sa trovare un accordo su qualcosa, che sa mettere da parte le differenze e combattere per un obiettivo comune. Non so se i diretti interessati ne fossero consapevoli, in ogni caso il tentativo era sicuramente lodevole, come lodevole è il sogno della creazione di una repubblica in cui ciascuno immagina il migliore dei mondi possibili, senza pastoie burocratiche, senza ingiustizie, senza corruzione e persino femminista.
Dove si sgretola dunque questo patrimonio di belle intenzioni, potenziate dalle manganellate centralizzate del 1º ottobre? Di fronte ai costi. Al di là della fuga strategica di banche e imprese -primi cocci di questo processo- ci saranno poi le bollette da pagare per poter creare infrastrutture “da stato”, si dovranno fare tanti sacrifici per conquistare una fiducia internazionale che, per ora, non ne vuole sapere di interessarsi della faccenda e che sdegnosa volge il deretano alla rivoluzione adducendo che “non possiamo arrivare a un’Europa di 98 stati”; ci sarà tanto da lavorare a livello di cambio monetario per essere competitivi e non far la figura dei poveracci una volta varcato il confine della repubblica. Non dimentichiamo poi l’ostilità dell’ex-marito che certamente farebbe di tutto per mettere i bastoni tra le ruote.
Di fronte a tutto ciò i giovani di belle speranze, animati appunto dallo spirto guerrier son quelli più animosi, soprattutto perché poco hanno da perdere. Non possiamo dire lo stesso dei radical-chic, più timorosi e dalla dubbiosa autostima come tutte le sinistre dei nostri tempi e, indubbiamente, non possiamo aspettarci che la fetta più borghese sia disposta a mettere in gioco i beni e il prestigio conquistati.
Dispiacciono le prevedibili conseguenze. Se scopriremo che la Repubblica era stata dichiarata “sul serio” su tutti gli abitanti della Catalogna calerà la scure dell’articolo 155, ovvero la centralizzazione coatta. Se invece lo spirto guerrier avrà la peggio e si chinerà il capo, si prevedono altri secoli di recriminazioni e fratture profonde nel popolo. Dispiacerà anche a chi, pur non avendo voce in capitolo perché “venuto da fuori” e in difficoltà di fronte al concetto di rivendicazione nazionalista e di “amore per la bandiera”- ha sempre e comunque cercato, nelle conversazioni, di studiare accuratamente l’appartenenza a una o all’altra fazione dell’interlocutore e ha fatto di tutto per non irritarne la sensibilità. L’avvicinarsi al climax ha eccitato le fantasie e quello spirto guerrier che in fondo abbiamo tutti, ma sta per arrivare il fisiologico periodo refrattario. (n.z.b.)
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