Rubina, la bella lavanderina di Puttenburgo

Non posso negarlo, queste cose mi appassionano. Solo a leggere il titolo e vedere la foto di Ruby col cartello al collo comprendo come questo lungo Bildungsroman della Rubina fanciulla stia giungendo al suo naturale compimento. La soggetta che fa? Qual è la vera storia di questa donna e madre? Beh, dopo la normale maturazione nel grembo materno si dice che abbia vissuto un’infanzia difficile che la soggetta, giustamente, desidera ardentemente seppellire nel più profondo degli oblii. Emigra e dopo vicende varie il destino le mette davanti un essere appartenente a una specie aliena, quasi immortale. La fanciulla, rivelatasi una furba di sette cotte, comprendendo di essere di fronte all’occasione della vita sua, si rivolge a dei gaglioffi che nottetempo le stampano un passaporto riportante una dicitura inequivocabile alla voce “professione”: NIPOTE DI MUBARAK. L’essere alieno che la brama, come si sa, non si dilunga certo a consultare i documenti delle sue prede, preferendo senz’altro passare alle vie di fatto (o quasi fatto, dipende dal carburante di propulsione ingerito prima della seduta di “esplorazione”). La Rubina dà e soprattutto riceve, spingendosi fino a pretendere un astruso macchinario da fotodepilazione che esalterà le delizie segrete sue e di molte sue colleghe di lavoro (al modico prezzo di 90.000 €, o giù di lì). Fin qui nulla di male direi anzi, tutto perfettamente in linea con le direttive della Grande Casa. Rubina, ragazza inquieta, gravita come una scomoda meteora che minaccia di sovvertire la gerarchia di Puttenburgo, più di qualche collega la guarda di traverso e, incredibile a dirsi, si ordiscono trame segrete volte a farla cadere in disgrazia. Bastò un gesto incauto, un indebito accaparramento di monili rubati dal cassetto della fiduciosa collega che le aveva dato un tetto sotto il quale dormire, oh ingrata Rubina, ed ecco che tutto il castello di menzogne mi caracolla come il getto di una camionata di cemento. L’alieno, ancora caldo di letto, venuto a sapere dell’arresto della sua favorita si precipita a telefonare allo sventurato maresciallo e ripete fedelmente quanto ricorda vagamente di aver visto sul documento della Rubina. Di lì le forze della polizia vengono meno e la Rubina viene prelevata dalla riluttante Mignetti che senza neanche guardarla in faccia la scarica con una sonora pedata alle porte della città di Puttenburgo. “Ohimé, me meschina, perché babbino caro non ti ho ascoltato, me meschina, me tapina” gridava la soggetta provocando lo strazio degli astanti.

Il destino, si sa, a volte è crudele ma a volte invece riserva una botta di culo proprio nei momenti peggiori. Così la Rubina, che si considerava già destinata al macero, scoprì che quella che pareva disgrazia, in verità era virtù e nel giro di ventiquattro ore stava già circolando a bordo di una limousine, custodita da scagnozzi e bardata di delicato raso che rivestiva i suoi possenti davanzali, prossimi allo smottamento. In occasione di una festa in discoteca, va riconosciuto, fu contestata da alcuni giovani che non ne compresero l’arte e lì la Nostra si permise di riprodurre un gesto visto fare dall’alieno, atteggiando la manuccia a pistola (mentre l’alieno aveva fulminato una giornalista riproducendo con le braccine un kalashnikov). La Rubina raggiunse l’apogeo quando fu noleggiata da un vecchio paperone che la esibì come trofeo di guerra al ballo delle debuttanti di Vienna.

Poi, disgustata da tanto successo, la soggetta decise di rimettere la testa a posto e qui ti comincia l’epoca da lavanderina. Il primo passo fu farsi un fidanzato stabile, il secondo fu il parto e l’allattamento sulla pubblica piazza in modo da rendere evidente a tutti che le epoche di Mubarak oramai erano tanto lontane. Lei stessa si allontanò fisicamente, riparando opportunamente in Messico in un momento complicato in cui l’alieno era bersagliato da processi e scandali vari. Si vede che sta per finire i risparmi perché oggi stesso minaccia di passare dalla fase di lavanderina a quella di lava e asciuga. O si vede che i gaglioffi dell’alieno l’hanno centrifugata a dovere mettendole in bocca tutta una serie di recriminazioni e linguaggi non suoi, con menzioni a “pregiudizi” e “violenze psicologiche”, concetti di cui lei sicuramente non aveva mai sentito parlare ed espressi in ottimo italiano, che la soggetta esibisce di fronte a una stampa che convoca ma con cui i gaglioffi le hanno ordinato di non interagire direttamente. La soggetta, in panni dimessi e in preda a una bocca che non riesce a chiudere per la presenza di troppi denti e di labbra extra-large, pare voler ripulire la propria immagine nel nome dell’innocente creatura che ha messo al mondo, ma molto più probabilmente il papi-alieno l’ha ingaggiata per un’ultima selvaggia lotta contro i giudici cattivoni che lo perseguitano. Quindi la nostra Rubina rimane una saga aperta di cui ci dovremo ciucciare ancora tanti, troppi episodi rocamboleschi e debilitanti per chi li viene a conoscere. (n.z.b.)

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