Parliamo di re, regine, principi, principesse, infante stagionate, infantine da latte, infante rinnegate, infante truffaldine.
“C’era una volta (ma c’è anche oggi) la regina Cotonata. Ella, leggiadra come non mai e sorridente come non mai, tesseva mutui accordi nei lunghi meriggi in cui il re Tombolone usciva, munito di schioppo, a procacciare il cibo per la loro modesta famigliola ma anche per tutti i sudditi del loro Regno, tant’è che col sudore della sua fronte era quasi riuscito ad estinguere i pachidermi del proprio continente (ma aveva un piano B: safari in altri continenti). La regina Cotonata amava conversare con la propria nuora Gioia del Giardino, altrettanto leggiadra seppur priva di nobili ascendenti. Gioia del Giardino aveva compiuto il proprio dovere procreativo per cui, sobria e mistica, si dedicava all’approccio con gli Umili ai quali tendeva una caritatevole mano non priva di bracciale tempestato di zaffiri. Per ricompensare cotale magnanimità la fata Turchina, mossa a compassione, aveva riprogrammato il software delle magie per invertire la modalità Pinocchio e donarle un nasino comme il faut. Il principe Pippo dal canto suo, iterava la propria aria compunta -imposta dal protocollo di corte in epoche di vacche magre- dedicandosi alla coltivazione della propria barba. Il principe aveva due sorelle condannate a recare per il resto della loro esistenza il titolo di “Infante”; tale titolo in verità era una specie di maledizione che da tempo immemore il Signore degli Atolli (con la collaborazione di Harry il Portinaio e del Pifferaio di Medellin) aveva lanciato sulla linea di discendenza femminile della casa. La maledizione scattava a partire dal momento in cui l’infanta contraeva matrimonio, provocando un obnubilamento temporaneo-progressivo dello sposo il quale, persa la retta via, vagava ramingo in valli delle nevi immaginarie o paradisi fiscali in terra. Certo, per la regina Cotonata era una vera e propria seccatura dover ritagliare ogni anno il grande dipinto di famiglia in seguito allo smarrimento dei generi, ma si consolava pensando a tutte le volte che il pittografico di corte era stato chiamato per aggiungere la faccina di un nuovo rampollo reale.
Un brutto giorno, giunse al castello, a spron battuto e tutto trafelato, Marietto AhiOhi. Orbene costui fin dalla tenera età era stato allevato nel sacro rispetto e sottomissione alla corona. Anch’egli opportunamente dotato di barba da compunzione, serviva solerte la corona e si prodigava per il bene delle teste e delle panze reali. Ai bei tempi, i suoi predecessori avevano elargito denaro a iosa alla corona vista l’innegabile funzione di garantire il posto di lavoro agli innumerevoli giornalisti, grafici ed editori della stampa e dei programmi rosa, ma i tempi stavano cambiando e non in meglio. Dopo 221 riverenze di numero, Marietto, costernato e notevolmente sbiancato in volto e in altre parti che non staremo qui a nominare, si schiarì la gola nel caratteristico modo che il re e la regina sapevano essere foriero di brutte notizie. “Maestà” proferì Marietto “Gli Umili reclamano giustizia”. “Cosa sono gli Umili?” chiese sorpresa la regina Cotonata. “Cos’è la giustizia?” brontolò il re Tombolone, spazientito perché era un giorno di pioggia e si era alzato con un terribile dolore all’anca. Marietto compì con il capo il movimento dello spettatore di una partita di Rafa Nadal e temette il peggio per le sue parti occulte (e sbiancate). “Maestà, il popolo non mi crede più quando gli racconto che domani ci sarà pane per tutti, ho fatto di tutto: li ho fatti licenziare più in fretta dal lavoro così hanno più tempo libero, ho abbassato gli stipendi e aumentato le tasse così non saranno più schiavi del vil denaro, ho fatto sgomberare le case vecchie e mezze rotte in cui abitavano così potranno contemplare le stelle durante il sonno, ho fatto chiudere le scuole così i ragazzi non saranno più schiavi dei compiti per casa, ho fatto chiudere gli ospedali così non esisteranno più le brutte malattie, ho fatto sparare in aria (e anche ad altezza d’uomo) dei meravigliosi petardi e le palline magiche per farli divertire visto che si erano concentrati fuori dal palazzo del governo… e loro cosa mi fanno? Si arrabbiano, mi guardano accigliati, mi fanno gestacci, piangono, i mariti uccidono le mogli e i figli, le mogli scappano e se ce la fanno uccidono i mariti, si gettano dai balconi, si danno fuoco, fuggono all’estero, mi insultano… Non capisco, non capisco” mormorò infine l’affranto Marietto.
A questo punto il re e la regina, all’unisono chiesero: “Si, ma… e il nostro appannaggio???” Marietto compì nuovamente il movimento di testa dello spettatore della partita di Rafa Nadal e quasi senza esitare rispose: “Ah beh, no, non si tratta di quello… quello resta uguale, ci mancherebbe”. Sollevati i regnanti compresero che era piuttosto una questione di marketing. Dopo una breve consultazione, dalla quale Marietto fu escluso perché tenutasi sottovoce, il re disse: “Marietto, la regina ed io avevamo pensato di convincere Gioia del Giardino a produrre un nuovo erede, un infante o infantina, insomma; nove mesi di gravidanza più il puerperio -calcolava il re poggiando i polpastrelli sul naso- diciamo che fino al primo giorno di scuola ci sarebbe materiale da vendere e questo ci lascia un respiro di quasi sei anni”. Marietto si fece coraggio, con una riverenza che gli fece toccare il suolo con la punta del naso, disse: “Maestà, questa volta temo non sia sufficiente”. “Allora” fu la volta della regina “Amplieremo il tour delle scuole, ospizi, case di ricovero, ospedali, manicomi, croci rosse bianche verdi e blu dei principi, magari copriamo i buchi e i doppioni con le infante”. Questa volta Marietto picconò il suolo con la punta del naso: “Maestà, come le stavo dicendo non ce ne sono più di asili, scuole, ospizi, ospedali, eccetera e in quanto alle croci rosse bianche verdi e blu… beh anche loro mi stanno chiedendo soldi”.
Le teste coronate rotearono sconvolte, incrociarono gli sguardi e il re Tombolone, in un parossismo di passione, fece quello che dal 1961 nessuna rivista rosa era più riuscita a documentare: prese la mano della regina. “Ma allora cosa vogliono gli Umili??” Marietto non sapeva più che pesci pigliare ma a questo punto la verità non poteva essere taciuta oltre: “Maestà, vogliono che i principi si cerchino un lavoro serio e che le loro Maestà trascorrano la vecchiaia in un ospizio”.
Alla regina Cotonata sfuggì in un falsetto non programmato: “Ma se hai appena detto Marietto che gli ospizi non esistono più!” “Appunto Maestà, questo è il problema Maestà” disse Marietto cercando un buco che arrivasse dall’altra parte del pianeta per poter scomparire. (Favola inventata da Nadia Zamboni Battiston il giorno 26 ottobre 2012 dopo l’ennesimo caso di suicidio per esproprio e dedicata ai desahuciados di Spagna, Italia, Grecia e Portogallo)
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