Oggi mi viene da parlare di qualcosa su cui non è possibile essere ironici, graffianti, satirici. Vorrei tanto parlare di cazzate come il Festival di Sanremo, la tetta sfuggita dal vestito in diretta televisiva, scrivere una dissertazione sull’uso costante degli occhiali da sole da parte di Iva Zanicchi o interrogarmi sul fatto se il valore del perdono delle corna sia più femminile che maschile. Invece, nella mia ignoranza in materia di politica internazionale e sulla base di conoscenze storiche traballanti, mi ritrovo a non poter smettere di pensare a un gonnella buffone con l’ombrello bianco che scatena i bombardamenti sui suoi “sudditi”. Un nouveau riche clownesco al quale solo l’Innominabile poteva pensare di baciare il culo (e Al Jazeera in questi giorni non fa che sottolineare con immagini e servizi questa tenera amicizia). Impossibile tacere quando senti un documento audio clandestino in cui un impresario libico al quale viene chiesto se non hanno paura a scendere in piazza rispondere: “Sono quarant’anni che abbiamo paura” come a dire, siamo giunti al limite, siamo al di là della visione di donne e bambini crivellati di colpi, non ne possiamo più, siamo disposti a morire.
Ne abbiamo viste di tutti i colori, i più fortunati come me, solo per televisione o sui libri di storia (appartengo all’epoca in cui ancora andavano di moda). Ho letto molto sulle forme di repressione in Sudamerica, ad esempio. Ho sentito tanto parlare della cosiddetta “obediencia debida“, in poche parole: una giustificazione dei crimini perpetrati dai militari perché eseguiti sotto l’obbligo del giuramento di obbedienza. Con questa storia, in Argentina sono sparite 30.000 persone e ben pochi criminali hanno scontato una pena. Anzi, sono ancora in molti i benpensanti che dubitano dell’utilità dei processi promossi dall’attuale governo argentino.
Nel marasma di notizie confuse, sono rimasta colpita dall’accenno a dei piloti di bombardieri libici che si sarebbero allontanati dal territorio perché si sarebbero rifiutati di sparare su civili inermi. Prendiamola così, questa notizia. Fermiamoci e tralasciamo l’ipotesi che se ne siano andati, ad esempio, con il “meschino” proposito di salvare la propria pelle. Ipotizziamo per una volta l’esistenza di persone consapevoli di un limite alla compravendita della coscienza, è già qualcosa direi.
Le ultime immagini dalla Libia oscurano per un momento il shortlink Islam-Burka-Terrorismo-Al Qaeda. Oggi ci arrivano immagini di cittadini disperati ed esasperati che non possono tollerare oltre la condanna alla povertà, alle caste sociali, ai soprusi anche da parte di mercenari, ancora più disperati di loro, ma disposti a tutto perché le loro menti non sono mai state fecondate da nessun concetto che vada al di là del proprio tornaconto personale. Quest’ultima figura non può certamente essere semplificata come sto facendo io in questo momento, mi limiterò a dire che questi inquietanti soggetti hanno proprietà camaleontiche che ne plasmano la funzione e l’aspetto a seconda della sede in cui operano. Al di là della connotazione specifica (morto di fame armato, rivenditore di voto politico, rivenditore di “amore”, ecc.) tutti sono riconoscibili dal cartellino con il prezzo.