La setta è servita

Cronaca semiseria di come non caddi nelle fauci del nuovo mostro dei nostri giorni

Un messaggino mi rivela che Mario Pianesi è sotto indagine e la mente ritorna a una gita fuori porta di molti più anni fa di quel che vorrei e alle mie avventure con la macrobiotica. La curiosità di un amico chef che desiderava approfondire la conoscenza di questa dieta e che contemplava l’apertura di un centro di cucina alternativa ci spinse fino a San Severino, in provincia di Macerata, in gruppetto di tre su Panda nera e radione a manetta. Per tre o quattro giorni ci alimentammo esclusivamente presso il centro macrobiotico e, devo dire, che la depurazione fisica che ne ricavammo ci convinse senz’altro della validità del tutto. Ci eravamo documentati previamente e quindi sapevamo a cosa andavamo incontro, nel senso che la nostra alimentazione si sarebbe basata sulla trilogia cereali-verdure-legumi, niente caffè, solo tè bancha, zuppe di miso, tamari e riso integrale in ogni dove, ecc. A quei tempi, non ci si preoccupava di rendere appetibili visivamente le pietanze per cui confesso che da parte mia ci fu uno sconcerto iniziale per aromi, gusti, aspetto; tuttavia, nella convinzione che ne avrei ricavato salute e benessere, persistetti. Negli anni a seguire la macrobiotica avrebbe compreso (eccome!) il valore del marketing, per cui si sarebbe mossa con più furbizia dal punto di vista dell’immagine.

Il centro di San Severino aveva una saletta-refettorio e un negozietto in cui si vendevano prodotti macrobiotici confezionati e verdure biologiche. Sul retro c’era la cucina dove praticamente era continuo il sibilo delle pentole a pressione. Forse sarò integralista, ma se la dieta macrobiotica si basa sull’alimentazione dei monaci tibetani, come mai lì si utilizzavano questi modernissimi strumenti di cottura? La giustificazione era ovvia, nessuno dispone di mezza giornata per far cucinare il riso integrale o gli azuki, così restii ad ammorbidirsi. I monaci magari sfruttavano i tempi morti per meditare… ma la massaia moderna, in via di estinzione, si sarebbe innervosita troppo. Insomma nel centro ci lavoravano dei ragazzi molto cordiali e di spirito altruista, con cui stringemmo amicizia. Sicuramente erano degni di nota gli avventori del posto; non si trattava infatti di gente che entrava dalla strada per sfamarsi, direi che potremmo catalogarli piuttosto come “clienti” fissi o, in un certo senso, dei “pazienti“. Siccome venivano regolarmente a pranzo e a cena, stringemmo amicizia anche con loro. Ricordo solo una ragazza che svolgeva un lavoro fisico impegnativo e che divorava letteralmente le pietanze e una coppia di gemelli, dove uno dei due era il “paziente” e l’altro veniva a mangiare per solidarietà col fratello.

L’esperienza fu molto istruttiva; nel pomeriggio, in giro per San Severino e Macerata, ci astenemmo dal consumare caffè, brioche, ecc. e da subito comprendemmo che l’osservazione della dieta avrebbe comportato il rischio di esclusione sociale. L’entusiasmo dei volontari e l’innegabile miglioramento fisico ci spinsero tuttavia a continuare e ad affrontare, una volta tornati a casa, il previsto rischio di esclusione, con tanto di madri che nascondevano la carne sotto il radicchio nella speranza che trovandocela sul piatto la mangiassimo.

Il “piatto forte” (è il caso di dirlo) di questa esperienza fu l’incontro con il Grande Maestro. Era un uomo dai capelli nerissimi, folti e indisciplinati. Contrariamente ai suoi adepti, aveva un’aria piuttosto severa che comunque non mi impressionò per nulla, perché tanto non avevo la minima idea della sua “fama” o “importanza”. Dopo un breve dialogo ci sottopose a un esame iridologico da bruciatura di retina, dato che comportava lo scatto di una foto ravvicinata dell’occhio, con flash. Non so se fu una costante della sua vita, ma il “guru” come i giornali amano chiamare i capi di movimenti caduti in disgrazia, non muoveva un passo senza due pacchetti di sigarette e accendino. Se non ricordo male una era una marca di sigarette alla menta; non so se fu una nostra domanda da veneti irriducibili, o la nostra visibile perplessità, fatto sta che il grande capo ci spiegò che l’effetto Yang di una marca veniva compensato dall’effetto Ying dell’altra marca. In poche parole volle farci intendere che sì stava fumando, ma che era come se non lo facesse.

Fu qui che cadde l’asino e precipitò nel profondo della mia coscienza, sedimentò e concluse che se il grande maestro fumava era perché, come tutti, aveva un vizietto con cui non sapeva venire a patti. Ad accendere la mia diffidenza fu lo spettacolo di un maestro che, altero e supponente, mena il can per l’aia per non ammettere la propria debolezza. Dietro a quell’aria da persona che ha cose più importanti da fare che dialogare con me ci vidi un bambino piccolo piccolo colto con le mani nella marmellata (senza zucchero e di coltivazione biologica, chiaro). Va detto che il maestro non ci fece pagare nulla per la visita e che ci diede un responso abbastanza aderente alla realtà. Ci narrò inoltre alcuni aneddoti indottrinanti di storie di persone col cancro, depuratesi e in via di guarigione o, al contrario, con ricadute a causa dell’abbandono della dieta.

Questa mattina, digitando “macrobiotica” son venuti fuori mille risultati che ne decantano la malvagità. In tempi in cui va di moda essere vegani, mi par ridicolo. I principi della macrobiotica sono similissimi a quelli vegani con la differenza che, se lo stato di salute non è fortemente compromesso, si possono includere le proteine animali (unica esclusione totale carni rosse e insaccati). Fatta con giudizio è una dieta ragionevole e benefica che spinge a riflettere su come ci alimentiamo. Può essere vissuta tranquillamente come una filosofia alimentare di base, con l’apertura verso piatti tradizionali locali e concessioni a capricci occasionali. Visti gli altarini che sono stati scoperti, non è difficile prevedere invece che d’ora in poi “macrobiotica” diverrà sinonimo di setta, occultismo, riduzione a schiavitù, al pari di certe presunte religioni con chiese nei garage. Prepariamoci a qualche giorno di tromboni e trombone in televisione e sui giornali e disquisire sull’argomento, con botto finale di condanna all’eterna dannazione.

Guarda caso, proprio quando la medicina tradizionale sembrava aver perso terreno, le medicine o filosofie di cura alternative cadono in sofferenza. Dopo che l’omeopatia è stata degradata a pratica inutile, i dubbi sugli effetti reali del no-vax, la mannaia cala sulla macrobiotica e prevedo che altri rami ribelli verranno falciati. Ma il problema non è la dieta macrobiotica! I problemi sono il raggiro di chi fuma come un turco e ti dice di non bere la coca cola, o di chi ti convince a servire una causa e non ti paga! Il Nostro e tutti quelli come lui vanno doppiamente condannati perché si avvalgono di qualifiche e diritti che non hanno nei confronti di persone vulnerabili, perché malate. Dal punto di vista fiscale tuttavia, se ci pensiamo bene, il Nostro ha sempre rispettato gli autentici principi che ha predicato nel corso di tutta la sua esistenza: macrobiotica significa “macro” “vita”, insomma alimentarsi e comportarsi in modo da prolungare la vita. Possiamo sinceramente dire che lo stress e il senso di esproprio ispirati dall’attività di pagare le tasse contribuiscano a farci vivere di più? (n.z.b.)

Photo by Jamie Street on Unsplash

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