Un giorno una giornalista olandese specializzata in medicina, tale Jet Shouten, dubitosa della serietà dei controlli di certificazione CE delle protesi, andò al supermercato, comprò dei mandarini, ne ritagliò la rete, si prese la briga di scrivere un rapportino di circa 121 pagine sulla presunta rete pelvica, a cui aveva affibbiato un nome commerciale di fantasia, e ne enfatizzò alcuni effetti collaterali, come ad esempio la possibilità che una percentuale piuttosto cospicua di donne rischiasse di restare in sedie a rotelle. La giornalista si era prefissa di dimostrare che i controlli su determinati prodotti destinati all’impianto nel corpo umano erano labili, ma comunque confidava nel fatto che certamente, con cotali premesse, il prodotto sarebbe stato fulminato da bocciatura. Qual fu la sua sorpresa nel constatare che i tre enti di certificazione (in Italia, Austria e Turchia) a cui fu sottoposto il prodotto non si scomposero di fronte alla prospettiva di generare future invalide e avviarono tranquillamente il processo di certificazione del truffaldino dispositivo, basandosi esclusivamente sul rapporto presentato dai presunti fabbricanti, indifferenti al fatto che non ne venisse documentata alcuna sperimentazione.
Un’ampia indagine che ha coinvolto 252 giornalisti dell’International Consortium of Investigative Journalists (Icij) intitolata “Implant Files” ha sturato un vaso di Pandora che sprigiona il lezzo della putrefazione della civiltà dei nostri tempi. In questi giorni i giornalisti spagnoli che hanno preso parte a questa indagine hanno pubblicato nella loro pagina web l’elenco di tutte le protesi che sono state rimosse dal mercato, in modo che gli utenti possano verificare se la loro anca, o il ginocchio, o il pace-maker, ecc. sono in regola o meno (vedere qui). Non è che possiamo dire che in Spagna ci si stiano stracciando le vesti per pubblicizzare il fatto, tant’è che probabilmente molti telespettatori che abitualmente non guardano il canale privato “La Sexta” possibilmente ignorano beatamente questo bailamme. In Italia l’esperimento di Jet Shouten viene menzionato in una puntata di Report e tutta la faccenda delle protesi irregolari compare in un articolo di EUROPATODAY in cui è riportato anche il link alla lista pubblicata dal settimanale Espresso che permette di verificare se il proprio dispositivo rientra tra quelli incriminati (vedere qui).
Or mi domando: non dovrebbe una faccenda di tale gravità far comparire su tutti i canali televisivi nazionali, dico così per dire, tutti i presidenti, re e reucci d’Europa, corrucciati e ingrugniti a redarguire i malfattori? La risposta è no e il motivo è molto semplice. Gli istituti di verifica pubblici sono insufficienti o… inesistenti per cui “ci si affida ai privati”. Non essendosene interessati in precedenza, presidenti, re e reucci ora non hanno le coratelle per esortare i fabbricanti di dispositivi medicali a contattare ad uno ad uno i pazienti per ammettere lo sbaglio e analizzare seriamente la situazione. Meglio affidare il malloppo ai tribunali e far ricadere sul paziente tutto il peso dell’avvio di una causa contro i colossi della medicina.
Riporto le cifre indicate dall’inchiesta: “L’Agenzia americana per gli alimenti e i medicinali ha calcolato che negli ultimi dieci anni 82.742 persone hanno perso la vita a causa di protesi contaminate o pacemaker difettosi, mentre i feriti sono 1.703.649, di cui quasi 300mila solo nell’ultimo anno.“ Sono cifre da conflitto armato che dovrebbero indurre Salvini a “prendere la macchina” e andare alla Bayer, o alla Johnson & Johnson a chiedere spiegazioni, considerato che il suo cruccio quotidiano è la difesa a oltranza dei cittadini italiani. Tuttavia presidenti, re e reucci, nonché le loro corti di benpensanti, sono giunti alla conclusione che se la sanità ha problemi, ciò è dovuto al collasso provocato, ad esempio e cito a caso, dall’eccessivo afflusso di clienti al pronto soccorso, tra cui, immancabili peccatori, gli immigrati, classici clienti poco appetitosi. È una nota norma del marketing: il cliente è interessante soprattutto in fase di conquista, subito dopo esser conclamato come tale, diventa un fastidio, carne da “Servizio post-vendita” che sa solo lamentarsi e basta, ciò non promuove sicuramente un ascolto sincero e un autentico interessamento da parte del medico di fronte al classico tormentone: “Dottore, da quando ho la protesi, mi fa male qui, ecc.”. Clienti, certo, perché il concetto di “pazienti” è oramai obsoleto. (n.z.b.)
Fonti:
Il Tirreno: Protesi al cobalto (pubblicato 8 dicembre 2017) La Sexta noticias, Informe Implantes, https://www.lasexta.com/noticias/informe-implantes/ The Guardian: https://www.theguardian.com/society/2018/nov/27/vaginal-mesh-implant-sold-despite-warnings-could-cause-pain-johnson-johnson The Independent: https://www.independent.co.uk/voices/vaginal-mesh-scandal-procedures-suspending-women-pain-doctors-a8440616.html